Si dice che la prima volta non si scorda mai: il primo bacio, il primo viaggio con gli amici, ma soprattutto il primo volo di sola andata dall’altra parte del mondo.
Sono passate quattro settimane da quel volo, e non scorderò mai le emozioni intense di questi primi tempi. Non scorderò nemmeno le divertenti telefonate con il consolato italiano per iscrivermi all’AIRE, ma questa è un’altra storia.
Facciamo un passo indietro.
Tutto è cominciato all’inizio di quest’anno, quando ormai i giorni dedicati alla ricerca di lavoro erano diventati innumerevoli. Da anni sognavo un’opportunità per riavvicinarmi a ciò che avevo studiato (il diritto in vari paesi) e da anni dedicavo ore e ore a migliorare il CV, la cover letter, e a imparare ad usare LinkedIn, eccetera eccetera.
Poi, un giorno, dopo l’ennesimo lavoro andato male e l’ennesima candidatura, arriva una proposta per fare un’intervista. Poi un esame scritto, un’altra intervista. Dieci giorni dopo, arriva un’offerta di lavoro in linea con tutto quello che cercavo: le tematiche, il team, le condizioni di lavoro!
Location: Hong Kong.
Wow! Lo sapevo già quando avevo fatto domanda, ma dopo svariati “no” e mancati riscontri, avevo smesso di credere che le cose potessero davvero succedere. Mi siedo a riflettere sul da farsi, scoppio di felicità e confusione.
Quando mandi mille domande, ti abitui al rifiuto, ma non sei mai pronto al “se succede”. E invece, è successo. Ancora faccio fatica a crederci. Ho vissuto in altri paesi europei, ma mai fuori dall’Europa. In una città così culturalmente distante, di cui so pochissimo. Scoppio di curiosità e paura.
Questa è l’occasione che sognavo da tempo, convivere con il rimorso di non averci provato non è un’opzione. Il mio ragazzo mi sostiene completamente, è pronto a partire insieme a me.
Accetto.
Due mesi dopo, stiamo andando all’aeroporto con un visto valido per 3 anni e le valigie, sempre un po’ in sovrappeso. Partiamo nello stesso momento, lui per tornare a casa in Messico per un’emergenza familiare, io per iniziare questa nuova vita.
Mentre scrivo, è quasi passato un mese da quel giorno. Lo so anche perché l’affitto del B&B è agli sgoccioli, e il parmigiano in frigo, custodito religiosamente per i momenti di nostalgia, è ormai ridotto a un filo sottile di crosta. È sicuramente passato poco tempo da un punto di vista assoluto, ma per me queste quattro settimane in un nuovo continente da sola hanno avuto l’intensità di un anno.
Vorrei quindi condividere con te che stai leggendo cinque cose che ho imparato finora (e che continuerò a imparare). Se stai pensando di fare un passo simile, conoscere l’esperienza di qualcun altro può sempre essere utile. Se invece l’hai già fatto, anche svariate volte, rivivere le emozioni di quei primi tempi può essere un viaggio nel passato che riapre cassetti mentali chiusi da tempo – e a me, ascoltare quelle tue prime emozioni, piacerebbe tantissimo.
La determinazione
Quando lasci tutto – la tua famiglia, i tuoi amici, le domeniche a pranzo dalla nonna, il calore del tuo cane e la sensazione di casa al risveglio nel letto matrimoniale in cui dormi da anni – cresce qualcosa dentro di te che ha la consistenza dell’acciaio. Ti risvegli forte e determinato, ti pieghi ma non ti spezzi: hai sacrificato troppo in nome di questo, sarai resiliente e forte per adattarti alle sfide che si presentano ogni giorno. Non ci sarà tempo per le insicurezze, per chiederti se ne sei all’altezza o se ce la farai. Ci sarà solo tempo per andare al lavoro, dare il 110%, e poi pensare a tutte le cose che servono per sopravvivere (come capire che cosa stai comprando al supermercato).
La scoperta
Il giorno in cui ho fatto domanda per questo lavoro, di Hong Kong sapevo solo che era una città densamente abitata (tra cui il tristemente famoso monster building) e che c’era stata la SARS. Vivendo in Europa, non avevo ricevuto altre notizie, e all’inizio ero scettica. Poi ho cominciato a cercare persone che ci avevano vissuto e tutte, tutte erano entusiaste della loro vita là. Raccontavano di trekking nella giungla, isole e spiagge a pochi minuti dal centro di Hong Kong. Di cibi di ogni provenienza, di persone da tutto il mondo e della sicurezza e facilità burocratica che danno sempre quel tocco in più. Cresciamo ripetendoci di “non giudicare un libro dalla copertina,” ma inutile dire che io di questa città non sapevo nulla e scoprire tutto ciò che ha da offrire è un bel modo per non aver ragione.
La solitudine
Quando parti, è un po’ come se fosse inopportuno parlare di questo aspetto. Ammettere di sentirsi soli viene accolto con sorpresa e un po’ di vergogna. Quindi impari a filtrare e a condividere con il mondo solo le cose belle. Intendiamoci, la mia esperienza qui è incredibile, mi è cambiata la vita, sto vivendo un sogno! Però c’è anche questo, fa parte del pacchetto, e le cose possono coesistere. Vuoi o non vuoi, un giorno, guardando un video su YouTube di un ragazzo che festeggia da solo il compleanno con i suoi amici in videochiamata, scoppierai a piangere. I tuoi singhiozzi riempiranno la stanza e li vedrai penetrare nelle pareti. La solitudine è una sensazione che ti accompagna costantemente. È umida, si infiltra nei tessuti e rimane con te. E credo che dopo un po’ si impari a conviverci, a relazionarcisi e ad andare a un livello di profondità maggiore. E se trasformata, può diventare la più grande opportunità di sempre.
L’amore
La mia famiglia, il mio ragazzo, oggi mio marito, e i miei amici più stretti sono presenti con messaggi e videochiamate. Sono presenti nonostante il fuso orario poco conveniente e trovano il tempo e lo spazio nelle loro giornate per parlare un po’. Ma trasferirsi da soli si può fare se si è dedicato energie a creare una relazione d’amore con sé stessi, perché sì, si conoscono persone nuove e interessanti, ma soprattutto i primi tempi, che sono sempre di conoscenza e successiva cernita di chi veramente vuoi frequentare, sono duri. E poi forse uno arriva a un’età in cui non vuole stare proprio con chiunque, perché il suo tempo è prezioso e limitato, e la sua energia e batteria sociale vuole spenderla con chi ne vale la pena. Amarsi è sempre fondamentale, amarsi vivendo da soli in un altro continente, ancora di più.
La competenza
Sono cresciuta chiedendo spesso aiuto per le cose pratiche. Poi nel tempo ho imparato alcune cose, però se c’era qualcuno in casa più adatto al compito, come cucinare o aggiustare qualcosa, passavo la palla. Quando vivi da solo, fai tutto tu. Hong Kong è una città molto umida e devi assolutamente comprare un deumidificatore. Il cibo va a male facilmente. La metà delle verdure verdi che vendono non le hai mai viste prima. Dove si comprano gli asciugamani? Vai da Ikea, ma non asciugano bene, quindi li riporti e cerchi un altro negozio. Stai male e devi andare a comprare le medicine in farmacia con nomi mai visti prima. I convertitori. Stirare i vestiti per andare al lavoro. Non c’è nessuno a cui passare la palla. E allora lo fai. Forse non lo fai perfettamente, ma lo fai. E ti rendi conto che così impari 100 volte più velocemente.
Grazie per essere arrivato/a fin qui. Cambiare contesto e trasferirsi in una nuova città è un’esperienza che vale sempre la pena vivere. È come crescere con gli steroidi. Ogni secondo è puro insegnamento. Fa male, è gioia, aiuto, WOW. È tutto allo stesso momento.
È un po’ come prendere il minibus per andare al Peak. I minibus sono piccoli autobus locali che vanno in media ai 100 km/h in curva. Il Peak è il punto più alto al centro dell’isola di Hong Kong e per arrivarci c’è una strada stretta e bellissima nella giungla, piena di curve e con lo strapiombo da un lato. Ecco, prendere il minibus per andare al Peak è un po’ come trasferirsi in un altro continente: è un’avventura, a tratti divertente, a tratti molto spaventosa, vieni sballottato da tutte le parti, cadi dal sedile e ci risali, alla curva dopo cadi ancora e risali di nuovo. Non capisci molto mentre sei lì, ma sei lì e lo fai. E se sopravvivi a quel giro in minibus e a quei giorni di pioggia dei primi tempi, beh se sopravvivi, poi rinasci a nuova vita.
Buona strada,
Veronica, Hong Kong
https://www.theguardian.com/world/2024/nov/19/international-outrage-sentencing-pro-democracy-activists-hong-kong
Sono un pochino sconcertato. Da ignorante, non sono mai stato a Hong Kong, (nè in molti altri posti che non siano il mio paesello, se è per questo), ricavo da questo post una visione abbastanza idillica, e certo molto favorevole, di quella città.
Poi leggo l’articolo di cui sopra, in sintesi dieci anni di carcere per avere organizzato una pacifica
votazione, e mi viene qualche dubbio.
Dove sta la verità?